Raccolto tardivo, si punta sulla valorizzazione
PAVAROLO CHIAMA GLI AGRICOLTORI PER GESTIRE IL FRUTTETO
«Vuole assaggiare la brigna purin-a? Ci sono quelle dell’anno scorso, ho fatto la marmellata », invita Paola Cafasso. La “Fiera della brigna purin-a delle marmellate” organizzata domenica dalla pro loco torna a San Defendente dopo un anno di pausa, ma di prugne non ce n’è nemmeno una. E di marmellate ci sono solo quelle della montaldese Paola Cafasso che, dopo una vita nell’officina di famiglia, ha scoperto delle conserve sotto vetro la sua nuova vocazione. «Purtroppo la stagione non ci favorisce - commenta il sindaco Sergio Bossi - Per colpa del freddo e del maltempo la produzione è in ritardo di almeno due settimane: i frutti ci sono, ma ancora acerbi». La festa è perciò una occasione
per fare il punto sul “progetto purin- a”, che il Comune ha avviato nel 2011 in collaborazione con Facolt (Frutticoltori associati della collina torinese). «Ha l’obiettivo di selezionare e valorizzare la susina che da molto tempo si coltiva a Pavarolo - interviene il consigliere comunale Giancarlo Bourlot, che sovrintende all’iniziativa - E’ un frutto per il quale finora non si è fatta una seria selezione genetica, se non quella “a occhio:”per ottenere nuovi esemplari sono stati utilizzati i semi ricavati dalle piante più vigorose e produttive». Il progetto è imperniato su un campo sperimentale a Tetti Aprà: «Impiantato per oltre due terzi nel corso del 2011, comprende adesso 117 piante - enumera Bourlot - Abbiamo vari tipi di “ramassin” (susini a frutto piccolo), tra i quali largo spazio è stato dato a due degli ecotipi più diffusi della nostra purin- a, e alcune varietà commerciali di susini europei». Non si sono invece prese in considerazione varietà di susino di origine asiatica, del tutto differenti. Con quali altri ramassin è stata posta a confronto la purin-a e quale incidenza hanno le piante di purin-a sul totale? «I vari tipi di ramassin sono stati scelti con diverse colorazioni e differenti tempi di maturazione - risponde Bourlot - Di ogni tipo sono presenti da tre a sei piante, tranne che per i due tipi «Vuole assaggiare la brigna purin-a? Ci sono quelle dell’anno scorso, ho fatto la marmellata », invita Paola Cafasso. La “Fiera della brigna purin-a e delle marmellate” organizzata domenica dalla pro loco torna a San Defendente dopo un anno di pausa, ma di prugne non ce n’è nemmeno una. E di marmellate ci sono solo quelle della montaldese Paola Cafasso che, dopo una vita nell’officina di famiglia, ha scoperto nelle conserve sotto vetro la sua nuova vocazione.
«Purtroppo la stagione non ci favorisce - commenta il sindaco Sergio Bossi - Per colpa del freddo e del maltempo la produzione è in ritardo di almeno due settimane: i frutti ci sono, ma ancora acerbi».
La festa è perciò una occasione per fare il punto sul “progetto purin- a”, che il Comune ha avviato nel 2011 in collaborazione con Facolt (Frutticoltori associati della collina torinese). «Ha l’obiettivo di
selezionare e valorizzare la susina che da molto tempo si coltiva a Pavarolo - interviene il consigliere
comunale Giancarlo Bourlot, che sovrintende all’iniziativa - E’ un frutto per il quale finora non si è fatta una seria selezione genetica, se non quella “a occhio:”per ottenere nuovi esemplari sono stati utilizzati i semi ricavati dalle piante più vigorose e produttive». Il progetto è imperniato su un
campo sperimentale a Tetti Aprà: «Impiantato per oltre due terzi nel corso del 2011, comprende adesso 117 piante - enumera Bourlot - Abbiamo vari tipi di “ramassin” (susini a frutto piccolo), tra i quali largo spazio è stato dato a due degli ecotipi più diffusi della nostra purin- a, e alcune varietà commerciali di susini europei». Non si sono invece prese in considerazione varietà di susino di origine asiatica, del tutto differenti. Con quali altri ramassin è stata posta a confronto la purin-a equale incidenza hanno le piante di purin-a sul totale? «I vari tipi di ramassin sono stati scelti con diverse colorazioni e differenti tempi di maturazione - risponde Bourlot - Di ogni tipo sono presenti da tre a sei piante, tranne che per i due tipi di purin-a, ognuno composto da 13 piante». Sono presenti, oltre alla purin-a, un ramassin precoce, un “ramassin di Pagno”, un ramassin tardivo, il “ramassin Ghiglia”, un “ramassin giallo”, un “ramassin rotondo di Pavarolo”, un “ramassin d’agosto” (a maturazione tardiva), il “ramassin dla reis” e un tipo “Mirabelle di Nancy”. Nell’impianto del frutteto sperimentale gli agricoltori pavarolesi hanno avuto un ruolo importante: «Ci hanno aiutato a recuperare vecchie varietà di ramassin e alcune susine locali che si credevano perdute- sottolinea Bourlot - Per esempio della susina “euv ëd pita” (uovo di tacchina), oppure la “prugna settembrina”».
Il Comune vuole un ulteriore coinvolgimento degli agricoltori locali: «Cerchiamo chi voglia assumere la gestione del campo sperimentale: effettuare i pochi trattamenti necessari, concimare, falciare l’erba. In cambio l’agricoltore potrà vendere la produzione». Elio Miranti, presidente di Facolt, sottolinea come il lavoro del campo sperimentale possa sostenere un’agricoltura che si deve
sempre più differenziare: «E’ quello che notiamo a Pecetto: di soli ciliegi non si può vivere, ma possono essere una componente importante nell’economia locale. Tant’è che ci sono dei giovani che si fermano nelle aziende di famiglia e investono ». La fiera della purin-a è anche occasione per premiare gli agricoltori pavarolesi: il Comune dona una “cavagna” di plastica a Roberto e Luciano Aprà, Bruno e Valerio Bragardo, Luciano Defilippi, Rosella Demo, Mario Ghiotti, Loredana Marchioro, Mariagrazia e Giancarlo Masera, Secondo Prina, Maria Stella Tomaino, Anna Maria,Attilio, Flavio e Mario Varetto, Anna e Bruna Viora, Antonella Zanellato. Alessandro Chieregato, presidente della pro loco, fa il bilancio della fiera: «Un buon numero di bancarelle, ma poco pubblico. Abbiamo scontato l’interruzione dell’anno scorso. Vogliamo far rinascere il piacere di far festa a Pavarolo: la prossima occasione sarà a fine agosto, con la patronale».
Enrico Bassignana